Curare la rabbia per coltivare il Bene
Non sarai punito per la tua rabbia, sarai punito dalla tua rabbia. Lasciamo che l’uomo vinca la rabbia con l’amore. (Buddha)
Foto (*vedere nota in basso)
La cosa più triste è leggere post e commenti di persone che alternano foto di Gesù, Maria sua madre, altri Santi, o altre figure di Luce, a schiumate di rabbia, improperi e auguri poco benevoli (addirittura disgrazie varie), a chi non la pensa come loro nei più disparati ambiti.
Dal gennaio 2008 (pochi mesi dopo la morte di mio padre) ho iniziato una ricerca avente come oggetto: "COME TROVARE CORAGGIO PER SFIDARE PAURA".
Ebbene, i risultati sono racchiusi in centinaia di pagine, e si possono tradurre così:
-"Non c'è nessun limite per chi vuole trovare un modo o una soluzione per superarla, a patto che capisca da dove arrivi quella paura, e abbia la VOLONTA' di non lasciarsi sopraffare da essa."
- "La paura è un emozione: non è positiva, e non è negativa in senso assoluto. E' un'EMOZIONE, che diventa un MESSAGGERO.
Il messaggio può essere un segnale di pericolo o un invito a soffermarci a riflettere per capire se siamo nella stessa lunghezza d'onda della nostra parte interiore (spirito - anima - cuore - sè - io, in qualunque modo la si chiami).
La brutta notizia è che NESSUNO è immune dalla paura. Purtroppo e per fortuna.
La buona notizia è che TUTTI possono vincerla prima che diventi un iceberg capace di paralizzare il corpo, la mente, e lo spirito, o si trasformi in RABBIA diventando uno strumento di violenza fisica, verbale o psicologica.
Quindi la foto dell'ICEBERG può aiutare a capire cosa fare quando incontriamo le vittime della rabbia, consapevoli che quell'incontro lo facciamo spesso davanti al nostro specchio.
Cosa possiamo fare? Lasciamo sciogliere il nostro iceberg e allontaniamoci dagli iceberg altrui sino a quando non si sciolgono da soli. A ciascuno il compito di curare il suo iceberg.
La rabbia e la paura, come tutte le emozioni, sono contagiose. E possono essere pericolose. Ma possono anche diventare un asso nella manica, perché possono risvegliare la volontà di uscire dal buio, dal burrone, e riuscire a far emergere il proprio potere creativo (la CRE-AT(T)IVITA').
Perché la paura e la rabbia si vincono solo dall'interno. Dall'esterno possono arrivare gli aiuti, gli incoraggiamenti, le funi e i salvagenti ai quali aggrapparsi, ma sono solo le proprie "mani", ad essere capaci di afferrare quegli strumenti.
E se nessuno ci lancia una fune o un salvagente? Soccombiamo o tentiamo di salvarci?
A ciascuno la scelta: tentare di trovare un modo per sciogliere l'ICEBERG in superficie e riuscire a far emergere l'ICEBERG profondo, o continuare a schiumare rabbia?
Solitamente chi è sereno, senza rabbia, non sente il bisogno di fare del male a nessuno, né fisicamente, né verbalmente, anzi, cerca di mitigare i possibili incendi.
Ecco perché forse occorre un nuovo paradigma: augurare bene alle persone arrabbiate, astiose, antipatiche e violente. Così forse, eviteranno di continuare di fare del male a se stesse e agli altri, spezzando le catene della violenza. Perché, contrariamente a quel che si dice in giro, prima ci si dovrebbe preoccupare di stare bene in ogni senso (Mens sana in corpore sano così come Corpo sano in mente sana), e solo dopo pensare di poter essere di aiuto agli altri.
Chi sta bene può aiutare e deve aiutare; chi non sta bene, oltre a se stesso, può far male anche al prossimo.
"Ama il prossimo tuo, come te stesso" disse Gesù. Non disse PIU', o MENO, di te stesso, ma COME te stesso.
Ecco perché urge una riflessione sul mantra: "lo devi fare per gli altri".
Mi vengono in mente tante testimonianze di donne che sono rimaste intrappolate in relazioni tossiche in cui il proprio partner le induceva a fare, o non fare, qualcosa con la subdola strategia: "Fallo per me".
Innanzitutto nessuno deve permettersi di usare il verbo "DEVI", e poi far dipendere la propria sicurezza da altri è un rischio assai più grande, ad esempio diventare ciechi dalla rabbia perché gli altri non fanno ciò che tu vuoi o perché sei costretto a fare qualcosa deciso da altri. Le possibilità di passare da vittime a carnefici sono assai elevate.
Ricordiamoci quando, da bambini, ci veniva ripetuto: "Devi fare così perché qui comando io". A nessuno ha fatto piacere sentirselo dire e, in alcuni casi, il solo ricordo riesce a evocare la stessa amara sensazione di allora; perché le emozioni si imprimono nella memoria e riemergono insieme ai ricordi.
Perciò non permettiamo alla rabbia di impadronirsi di noi, ma accogliamola e prendiamoci cura di lei prima che si stratifichi pericolosamente.
Per il nostro bene, e per quello degli altri.
Perché si può rispettare gli altri, senza nuocere a se stessi.
Simona
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