C'è chi dice No
Come canta Vasco Rossi "C'è chi dice No".
E io oggi ho detto NO.
No al concorso straordinario per la classe di flauto.
A novembre avrei voluto farlo ma dissi NI e presi l'aereo, per poi trovarmi a Roma e scoprire che la prova era stata annullata dall'ennesimo Dpcm emanato nella notte.
Allora, trovatami in compagnia di mio fratello, casualmente anche lui a Roma per lavoro, ho vissuto la "presa" in giro come una barzelletta, cogliendone il lato positivo e dimenticando il lato negativo e costoso (gli aerei non sono gratis).
E allora stavolta la decisione è arrivata dopo attenta meditazione e ascolto interiore. Il suggerimento dell'anima non sbaglia mai. Basta solo imparare ad ascoltare.
Ho detto No perché quel concorso è un offesa all'intelligenza e alla professionalità di chi per anni (nel mio caso 5) ha svolto il suo dovere nella scuola pubblica.
Ho detto No perché già l'istituzione delle GPS mi aveva annullato titoli di servizio acquisiti negli anni precedenti e valutati secondo i titoli ammessi nei bandi di reclutamento precedenti.
Questo concorso è un insulto all'intelligenza umana e alla professionalità acquisita e messa al servizio della scuola in questi anni.
Una prova da svolgere in 150 minuti davanti a un pc, dove è avvantaggiato chi è veloce nella digitazione (e io scrivo velocemente a 10 dita senza guardare la tastiera). Ma ho fatto l'insegnante di strumento e come tale dovrei essere giudicata. Perché saper scrivere programmazioni teoriche non significa dimostrare di essere idonea a insegnare praticamente uno strumento musicale.
Perciò questa decisione nasce dal cuore. Lavoro nella scuola pubblica da pochi anni (dal 2015) anche se ho iniziato a insegnare flauto nel 2003. Quest'anno lavoro in segreteria didattica e vedo la dura realtà della scuola da tutti i punti di vista. Mi manca il rapporto con gli alunni, è vero, ma voglio impegnarmi in altro modo per aiutare docenti e alunni. I posti a concorso sono solo 2 per la mia regione e io sto per compiere 50 anni. Tutti gli anni di sacrificio non saranno comunque sprecati.
Mi rifiuto di sottomettermi ai loro soprusi. Per 5 anni ho fatto del mio meglio, ho maturato i requisiti per un concorso straordinario e anziché essere sottoposta ad una prova pratica mi si chiede di sedermi davanti a un pc per soli 150 minuti con tanto di museruola e guanti a rispondere a domande per le quali ci vuole qualche ora di riflessione. Aggiungiamo poi che alcuni candidati avevano la prova a pochi chilometri da casa mentre altri si son dovuti fare migliaia di chilometri sostenendo costi altissimi da precari ancora in attesa di nomina. La farsa si trasforma così in discriminazione proprio per coloro che dovrebbero formare i futuri adulti e renderli capaci di costruire una società contro le discriminazioni.
La mia scelta forse non verrà compresa, ma pazienza. E' una questione di principio e di coscienza. Non si può sempre chinare la testa perché "Tanto non si può cambiare il sistema".
Io dico NO a chi dice che non si può cambiare. Si può sempre cambiare: basta volerlo.
E se non si sa come fare non importa: prima si decide di cambiare poi si trova il modo.
È sempre accaduto così."
Perché i cambiamenti avvengono sempre per scelta. Meglio essere protagonisti che trascinati nelle scelte altrui.
Forse da oggi potrò dire che sono un ex docente di flauto nelle scuole ad indirizzo musicale. Chissà.
Spero solo di aver lasciato un segno a tutti gli alunni che ho incontrato, quel segno che voleva essere "seme" per far fiorire la loro unicità, indipendentemente dal loro rapporto con la musica.
A loro ho sempre dato il consiglio: "Vietato dire non ce la faccio". Io l'ho imparato strada facendo, e allora perché fermarmi adesso. Rinunciare ad una opportunità di posto sicuro secondo qualcuno non si può fare. E invece no: io ce l'ho fatta. Ho detto NO.
E se questo mio ennesimo ammutinamento non avrà nessuna valenza per la "causa", non importa. Ha valenza per me. A novembre il mio inconscio ha inviato il messaggio ma non l'ho recepito. Stavolta il messaggio era forte e chiaro e io ho detto Si, ce la faccio. A non chinare la testa e a dire No, non acconsento e mi rifiuto di essere parte della farsa.
Perché per avere rispetto degli altri, bisogna avere rispetto per se stessi, soprattutto se poi si deve andare ad insegnarlo agli adulti di domani.
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